SPIEGARE LA RESISTENZA


.."No, non dite di essere scoraggiati, di non volere più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere." (Giacomo Ulivi - partigiano da Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza)


POST PUBBLICATI E ARGOMENTI


<>EUGENIO CURIEL : LA PARTE MIGLIORE DELLA GIOVENTU' ITALIANA (*)


<>PARTIGIANO!


<> I RAGAZZI DELLA RESISTENZA * PRIMO DE LAZZARI HA PUBBLICATO * STORIA * INEDITI * SPIEGARE LA RESISTENZA NELLE SCUOLE * ARCHIVIO FOTO

<>I RAGAZZI E IL PARTIGIANO







venerdì 20 novembre 2009

PARTIGIANO!





“ Partigiano!
Ti ho visto appeso
immobile.

Solo i capelli si muovevano
leggermente sulla tua fronte.
Era l’aria della sera
che sottilmente strisciava
nel silenzio
e ti accarezzava,
come avrei voluto fare io."

( parole di Giacomo Manzù incise sul monumento alla Resistenza eretto a Bergamo,opera dello stesso artista)

domenica 1 novembre 2009

I RAGAZZI DELLA RESISTENZA * PRIMO DE LAZZARI HA PUBBLICATO * STORIA * INEDITI * SPIEGARE LA RESISTENZA NELLE SCUOLE * ARCHIVIO FOTO

L’autore Primo De Lazzari partigiano e storico non è nuovo ai temi dell’antifascismo e della Resistenza. Ricordiamo i suoi documentati saggi sul Fronte della Gioventù nella Resistenza (ed riuniti due edizioni,3° edizione Mursia). Il nuovo libro (finalista al "Premio letterario della Resistenza città di Omegna 2008") affronta il tema del’adesione dei più giovani,appunto dei ragazzi e delle ragazze italiane alla lotta di liberazione dal 1944 al 45. Chi come staffetta,chi come combattente (malgrado spesso,invano, respinto dai comandanti per l’età acerba). In ogni parte d’Italia, da Napoli al Friuli, dall’Emilia Romagna alla Toscana, dal Piemonte al Veneto,alla Liguria. E’ una carrellata emblematica fra tante storie.Semplici testimonianze di altruismo,di slancio generoso,contributi alla vittoria della lotta partigiana.Alla ribalta spiccano ad ogni livello le donne. Il prezzo pagato è spesso la vita stessa. Torturati,impiccati,fulminati da un proiettile,quei ragazzi hanno offerto le loro esili esistenze per un cambiamento del mondo. Come Ancilla Marighetto, come Maria Grazia Tommasini,come Gennarino, Cucciolo,Topolino,Mirco, Bandiera. Anche il loro sacrificio è stato utile alla vittoria di un’Italia e di una Europa democratiche. Dobbiamo loro la nostra Costituzione Repubblicana. Ecco la differenza con coloro che per fanatismo o illusi da propaganda familiare e ambientale hanno combattuto e magari sono caduti per la repubblica di Salò. Chi militava tra questi ,inizialmente in buona fede, presto o tardi non poteva non accorgersi di essere esecutore dei crimini nazifascisti, delle retate nei paesi, delle stragi efferate di innocenti, delle deportazioni razziali. Se il nazismo avesse vinto avrebbe prosperato quel modello di regime contrario ad ogni libertà di pensiero e di diritto della persona. Nelle pagine lucide ed equilibrate di questo saggio e nelle biografie significative risaltano i fatti,i gesti, la limpidezza e a volte subitaneità delle decisioni, la scelta di campo generosa nella bufera, il patriottismo concreto di quella giovane generazione. Come afferma l’autore nella Introduzione sarebbe grave dimenticarlo in nome di un revisionismo ipocrita e bugiardo. Nella situazione di scadimento etico del momento attuale,mentre imperversano il tracotante modello del denaro e la cancellazione di esempi positivi, la gratuità e l’idealismo dell’impegno di questi imberbi della Resistenza assumono un alto valore emblematico e non retorico. La grave ondata odierna di neofascismo e neonazismo impone concrete risposte. Anche per questo raccomandiamo il testo nelle scuole , per gli studenti,i professori e per i giovani come utile strumento di lettura e approfondimento storico.

Saverio Monti


I ragazzi della Resistenza

Maria Natalia Iiriti

La storia è fatta da uomini e donne che sono stati ragazzi e ragazze. Ci sono ragazzi che non diventeranno mai uomini. Non ne hanno avuto il tempo: sono morti per gli ideali di giustizia e libertà che costruiscono un popolo. Ma hanno vissuto la loro manciata di anni edificando la storia. Per questo motivo, pur essendosi fermati anagraficamente alle soglie della giovinezza, sono i primi uomini e le prime donne della Repubblica italiana.E il Bocia, Primo De Lazzari, uno di loro, dà il la al coro di questa gioventù italiana che costruisce, in un conflitto diventato doppio, col Paese invaso dal nemico, una coscienza politica nuova, semplicemente facendo, rischiando, boicottando, soffrendo. “Ragazzi della Resistenza” il titolo del libro, edito da Nicola Teti, editore milanese. Ragazzi nati e vissuti sotto il regime, figli della dittatura, che costruiscono da sé gli strumenti politici e la strategia bellica per ribellarsi all’invasione tedesca e alla dittatura nazifascista. Per chi è morto, parlano le struggenti testimonianze e le motivazioni dei riconoscimenti assegnati.Chi è sopravvissuto racconta con energia ma con una semplicità disarmante i motivi, le azioni di lotta, la paura, i rischi. I ragazzi di Primo De Lazzari escono dalle pagine del libro e riempiono il luogo della lettura. Sono sorelle che seguono i fratelli, padri che sostituiscono i figli trucidati nelle offensive nazifasciste.Qualcuno deve insistere per mesi prima di entrare a far parte della Resistenza.Disegnano la geografia delle brigate, i contorni delle montagne, rifugio della lotta della Resistenza.I compiti dei giovani partigiani sono vari e pericolosi: “aiutare i soldati renitenti alla leva, collegare le basi dei vari gruppi partigiani, trasportare e diffondere la stampa clandestina, trasportare le armi, inondare le strade con i chiodi a quattro punte, cambiare la direzione dei cartelli stradali per creare difficoltà alle colonne tedesche dirette al fronte” racconta la sedicenne Bruna, nome di battaglia di Ivonne Trebbi. Il diciassettenne Renzo Cattaneo (Falco), artigiano alla manifattura di pellami e calzature di Collegno, deforma, fino a renderle inutilizzabili, le scarpe militari per i tedeschi. Decimo Triossi coi compagni sottrae munizioni dalle tende dei tedeschi, taglia 500 metri di filo telefonico del comando avversario. Nel turbinio delle offensive non si dimenticano i monumenti della Capitale, coperti da sacchi riempiti di sabbia (da una testimonianza di Luciana Romoli). Con la complicità delle donne contadine si tagliano le cinghie delle macchine trebbiatrici per impedire ai nazifascisti di impossessarsi del raccolto. “Ognuno di noi vedeva la guerra che egli stesso faceva” racconta il partigiano Giacomo Coppé. C’è chi forma la propria coscienza politica in montagna, maturando fra i proiettili gli ideali di giustizia e libertà. C’è chi affronta una crisi profonda prima di arrivare a comprendere la differenza fra democrazia e libertà. “Fu la scoperta di valori diversi […]” racconta Adriano Asti, dieci mesi in Lunigiana: “Con la Resistenza apprendevamo a combattere la violazione dei diritti della libertà, la violenza del sistema. Ho l’intima convinzione che gran parte degli Italiani non abbia realmente vissuto quel travaglio che è stata la guerra di Liberazione, non abbia afferrato il vero significato della Resistenza per l’Italia, non si sia resa contro che si trattava di instaurare una nuova società democratica […]Non siamo andati a scuola di democrazia ce la siamo inventata giorno per giorno vivendo alla macchia”.Raccontano i ragazzi come la guerra e la lotta cambi la gente. Perché, a un certo punto, bisogna scegliere da che parte stare. “Mi ritrovo con gente che ha una fede e un ardore veramente giovanili, noi diamo tutti noi stessi all’Italia non pretendendo nulla Tu sai la mia fede per Lei e l’amore che ho sempre avuto per questa terra dove sono nato; vuoi che anche io, come molti altri, mi lasci scappare l’occasione di dimostrarla questa devozione? Quando si presenta tale momento non si deve dire: “Ci sarà sempre tempo per me!”[…]qualunque sacrificio vale la pena di farlo, quando si ha un’idea che si ritiene pura e santa. Credimi”.Con queste parole Ludovico Ticchioni spiega alla mamma, in una lettera che lei leggerà solo dopo la sua morte, i motivi della sua scelta Aveva sedici anni. Era un ragazzo, un ragazzo della Resistenza.Questo articolo è dedicato alla memoria del mio maestro Giovanni Andrea Tuscano che raccontava la Resistenza in una maniera che non potrò dimenticare.


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PRIMO DE LAZZARI HA PUBBLICATO


Perché i sovietici si dissanguano al passo di Dukla nella più grande battaglia alpina di tutto il secondo conflitto mondiale? Perché russi e francesi,ungheresi e polacchi, bulgari e belgi,austriaci e jugoslavi,antinazisti tedeschi ed ebrei, piloti americani ed inglesi si battono con i partigiani sulle montagne cecoslovacche?Tra essi anche italiani che perdono la vita in Slovacchia e ad Odolena Voda (presso Praga). A QUESTE DOMANDE – e a molte altre- risponde il libro che dal tradimento di Monaco del 1939 (complice Mussolini) ricostruisce in modo documentato le drammatiche sequenze della lunga lotta dei cechi e degli slovacchi per la libertà dei loro Paesi e dell’Europa.



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Dalla prefazione di Arrigo Boldrini a “Eugenio Curiel al confine e nella lotta di liberazione”
.(..) Saggi,articoli,recensioni hanno riattivato l’attenzione sulla complessa figura e sull’eccezionale opera di Eugenio Curiel, ,capo ideale della gioventù antifascista,organizzatore del Fronte della Gioventù. In questo libro- scaturito dalle nuove ricerche di Primo De Lazzari uno dei maggiori conoscitori della materia- si reca un ulteriore contributo alla conoscenza dell’ opera del giovane pensatore triestino ,all’analisi del suo pensiero,al dibattito sui problemi dei giovani sul loro impegno nella lotta per la trasformazione radicale della società.




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Dal volume Le SS italiane:Giuramento prestato al momento dell’arruolamento nelle Legioni delle SS italiane. "Davanti a Dio presto questo sacro giuramento:che nella lotta per la mia Patria italiana,contro i suoi nemici, sarò in maniera assoluta obbediente ad Adolf Hitler ,supremo comandante dell’Esercito Tedesco e quale soldato valoroso sarò pronto in ogni momento a dare la mia vita per questo giuramento."

Nella presentazione l'autore individua la varietà di provenienza dei legionari delle ss italiane inquadrati in varie formazioni evidenziando la caratteristica comune: l'adesione aperta e totale al nazismo al cui capo Adolf Hitler giurano fedeltà assoluta. Risponde poi al quesito : quale legittimità aveva la Repubblica sociale italiana ( R.S.I ) ? L'Antologia offre una scelta oculata di documenti atti a ripercorrere il tracciato degli avvenimenti storici, dal crollo del fascismo alla Liberazione inquadrandone i momenti essenziali : l'occupazione tedesca dell'Italia, la crisi ideale dei giovani, la ricomparsa del fascismo sfociata nella repubblica sociale con l'autoinvestitura di Mussolini e l'emanazione dei bandi di arruolamento nelle file dell'esercito fascista repubblicano, l'impiego delle SS italiane in funzione antipartigiana, gli eccidi e massacri perpetrati da queste ultime come quelli di Cumiana e di Bassano del Grappa .La testimonianza dei fatti emerge anche dalla documentazione della propaganda, dei decreti, dei comunicati emanati dalla RSI e dai comandi tedeschi .Le lettere dei ventenni ingaggiati nella lucida follia di un'impresa sbagliata e ormai solo alla ricerca della "bella morte" rispecchiano Il finale della sconfitta del nazifascismo con la sua lucida follia e la scia di sangue, di ferocia e di lutti inferti al popolo italiano.



Da I carnefici di Salò di Franco Giustolisi

Primo De Lazzari nel suo libro antologico ci ricorda i crimini delle SS italiane. Lettura da consigliare vivamente ai revisionisti di oggi.

Divisa tedesca armi tedesche. Sul cinturone la sinistra fibbia con il teschio incrociato dalle ossa.L’unica differenza le mostrine rosse sulla giubba. Uccisero i loro connazionali a Sant’Anna di Stazzema, a Marzabotto, a Fivizzano, a Bucine, a Cavriglia, a Civitella della Chiana e altrove. Ci sono le testimonianze dei sopravvissuti che hanno raccontato il loro stupore sentendo quei massacratori parlare la loro lingua,qualche volta addirittura con inflessioni locali. Si avventarono con i loro simboli di morte che fecero diventare effettivi,su bimbi in fasce che potevano essere loro figli. Su donne che potevano essere loro madri o sorelle. Su vecchi dell’età dei loro padri,che forse non erano mostri,ma mostri avevano generato. Sono,anzi erano per fortuna, le SS italiane. Ne scrive in un libro che riporta appunto questo titolo “ Le SS italiane”, Primo De Lazzari : e’ una sorta di antologia : contiene tutte le notizie possibili su questo tragico e squallido passato,molte tratte da pubblicazioni già note,altre inedite.




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La denominazione Fronte della gioventù apparteneva alla formazione giovanile antifascista costruita da Eugenio Curiel. Se ne appopriò arbitrariamente nel dopoguerra quella neofascista aggregata al Movimento sociale.Scrive Gillo Pontecorvo ( noto regista e all’epoca dirigente del FdG ) nella prefazione al saggio di Primo De Lazzari.(…)Le pagine di questo libro rievocano un impegno ideale generoso per la collettività.,ingenuo forse nelle sue utopie,nel suo credere alla possibilità di erigere un mondo completamente nuovo sulle ceneri della dittatura fascista,ma tanto più significativo oggi , come esempio,in un’epoca dove tutto è monetizzato,tutto è business…Se mi chiedessero oggi cosa caratterizzava maggiormente la posizione del Fronte della Gioventù direi senza esitazioni: la lotta contro l’indifferenza che per contro segna così negativamente il nostro tempo.(…) Nei programmi del Fronte della gioventù i propositi di rinnovamento materiale e morale sono espliciti.Lo speravano,lo volevano le centinaia di giovani caduti nelle file partigiane,straziati, impiccati, a gruppi ( come a Premariacco e San Giovanni al Natisone in Friuli, o come quelli fucilati dalle brigate nere al campo Giuriati di Milano).

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(Finalista al Premio Letterario della Resistenza Città di Omegna)





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STORIA:

Tra le vecchie carte le regole della montagna



Il “decalogo” della “Nannetti”: “Noi ribelli per amore e non per odio”
(a cura di Primo De Lazzari)

Cansiglio, inverno 19441945. I comandanti del Gruppo “Brigate Vittorio Veneto” della Divisione “Nino Nannetti”.
Agosto, più di altri mesi dell’anno, tempo di riflessioni, di ricordi, magari di maggiore tranquillità, e silenzio. Dunque tempo fortunato per ricerche, riordino di vecchie carte importanti, rivisitazione di appunti, note sparse su foglietti spesso ingialliti o polverosi relativi a diversi decenni passati. Tra questi anche quelli riguardanti la prima giovinezza iniziata tra i banchi di una scuola sul finire del 1943, lasciati dopo qualche mese forzatamente per diventare clandestini (è accaduto, allora, a tanti giovani) sfuggendo alle retate, ai posti di blocco improvvisati sulle strade messi in opera dalle varie schiere dei militi del risorto fascismo di Salò schierato a fianco dei tedeschi occupanti. Carte, dunque, qualche giornaletto o volantino partigiano, rimasti imprudentemente in giacenza. Talvolta anche ormai sbiadite foto di gruppo che ci mostrano armati in qualche luogo imprecisato, vestiti alla rinfusa tra gli alberi o in mezzo alla neve.
Tra i foglietti c’è un curioso decalogo, una sorta di Codice d’onore partigiano, di regole da accettare e da osservare rigorosamente, pena l’allontanamento dalla formazione, come minimo; o, se ritenuto necessario, l’irrogazione di altre misure o pene assai severe. Come si potrà leggere. Si deve sapere che l’autore di questo Decalogo è stato il medico Raimondo Lac-chin “Chirurgo” comandante della brigata Garibaldi Pier Fortunato Calvi operante nel Trevigiano e nel Bellunese, scritto nella primavera del ’44. Vivacemente discusse dalla brigata, le regole d’onore – il Decalogo, come l’ha voluto definire Lacchin – sono state via via fatte proprie da altre formazioni e dall’intera divisione Garibaldi “Nino Nannetti”. Non servono commenti; il testo, soprattutto in quei tempi tragici, parla da solo. Anche per questo sarà interessante, proporlo all’attenzione dei lettori, soprattutto dei giovani e degli studenti.

Decalogo della divisione Garibaldi “Nino Nannetti”

1-Noi, ribelli per amore non per odio, combattiamo per la Giustizia, per la Libertà, per l’Uguaglianza, per una Coscienza Onesta e Responsabile.
2-Ricordatevi che la vita è sacra come sacra è la morte: comportatevi religiosamente di fronte alla vita e alla morte.
3-La guerra è barbara. Non commettiamo delle sottobarbarie inutili e controproducenti. Guerra alla guerra ma non crudeltà.
4-Il prigioniero non deve essere bastonato e tanto meno torturato. Siate severi, intransigenti, implacabili verso le spie, i traditori, i rastrellatori, i giudici ed i magistrati che si rendono colpevoli della morte dei nostri compagni.
5-Abbiate una condotta, un comportamento corretto, an
che se fermo, con la popolazione. Ricordatevi che il partigiano non amico e non sorretto dalla maggioranza del popolo non ha vita lunga.
6-La sorpresa è la nostra arma migliore: a) sorprendere, non lasciarsi mai sorprendere;
b) imporre, mai accettare il combattimento se non in casi particolari;
c) gli attacchi devono essere fulminei e massicci, e rapidi devono essere gli sganciamenti;
d) non sostenere mai battaglie lunghe più di 12 ore;
e) la posizione dei battaglioni, dei gruppi, dei nuclei di fuoco deve essere messa a scacchiera, a triangolo.
7-Chi è negligente nei compiti affidatigli, chi è trovato a dormire sul posto di guardia verrà fucilato.
8-Chi ruba al compagno o alla comunità, alla collettività dei partigiani è passibile della pena di morte.
9-Chi si ubriaca, chi semina il panico, chi fa opera di disgregazione, chi abbandona la formazione, l’accampamento, non autorizzato, è passibile della pena di morte.
10 -Ricordatevi che noi partigiani siamo i più puri volontari, senza soldo e senza onori.
Combattenti per l’Italia libera, nuova e migliore, fondata sul Lavoro.
Combattenti contro l’oppressore, contro l’invasore, contro il nazifascismo.
Combattenti per la giustizia e la libertà di tutti i popoli. Morte al fascismo! Libertà ai popoli!
Il comandante
“Chirurgo”

da Patria Indipendente 29 ottobre 2006




Articolo pubblicato su Patria Indipendente 31 gennaio 2009


UN FALSO MESSO INSIEME DA ALMIRANTE

NEL VERO FRONTE DELLA GIOVENTU' MILITARONO I GIOVANI PARTIGIANI
di Primo De Lazzari

Sul n. 9 di “Patria” il lettore EnzoCarrozzini, di Bari, manifesta tutta la sua meraviglia nell’apprendere,visitando il sito dell’ANPI, documentate notizie circa l’esistenza del Fronte della Gioventù nel periodo della Resistenza. Scolaro negli anni ’70-’80, Carrozzini infatti si era imbattuto nell’impostura di un “Fronte della gioventù” inventato, fraudolentemente, da Giorgio Almirante, fascista di alto bordo della Repubblica di Salò, capo del Movimento Sociale Italiano (MSI), copiando letteralmente il nome della nostra Organizzazione partigiana)ando origine a un perfetto ossimoro storico, il cui senso politico e morale non venne mai spiegato, né si riuscì a comprendere in alcun modo. Se non come beffa o provocazione miseranda. Dal suo punto di vista il lettore si chiede con rinnovata meraviglia, comprensibile tuttavia,«come chi doveva mantenere uno stretto controllo sul patrimonio storico dei valori della Resistenza abbia permesso alla organizzazione giovanile missina di appellarsi con questo nome». In realtà ci fu chi vigilò e si oppose, anche tenacemente, ma senza successo, a causa della legislazione italiana a quel tempo vigente. Cercherò di spiegare, basandomi su ricordi precisi che mi videro promotore di alcune azioni mirate, proprio a metà del decennio indicato, quale aderente all’ANPI ma soprattutto come giovanissimo partigiano nel Veneto e organizzatore del vero Fronte della Gioventù (Fdg)nella Resistenza tra Mestre e Treviso. Fino al ’62 fui vice segretario dell’ANPI provinciale di Venezia. Trasferitomi a Roma, conobbi da vicino Gillo Pontecorvo (che diverrà il valente regista cinematografico ben noto). Gillo, nella Milano di inizio ’44, promosse con Eugenio Curiel il vero Fronte della Gioventù unitario, al quale si associarono esponenti dei gruppi giovanili comunisti, cattolici,socialisti, repubblicani, liberali, ragazze, operai e contadini,studenti. L’incontro fondativo si svolse segretamente nelle stanze riservate della Chiesa di San Carlo al Corso. Descrizione e documentazione si trovano nei miei due libri Eugenio Curiel al confino e nella lotta di Liberazione, Teti editore (Milano), prefazione di Arrigo Boldrini e Storia del Fronte della gioventù nella Resistenza nelle due Edizioni di Editori Riuniti (Roma) e nella terza di Ugo Mursia (Milano), prefazione di Gillo Pontecorvo. Questo l’antefatto. E veniamo al fatto. Indignato come numerosi appartenenti al vero Fdg, pensai di rivolgermi ad un valente giurista per vedere se c’era modo di vanificare il sopruso neofascista, palesemente offensivo anche nei confronti
delle migliaia di giovani partigiani aderenti al vero Fdg, caduti combattendo, o fucilati proprio dietro ordinanza emessa Sul n. 9 di “Patria” il lettore Enzo Carrozzini, di Bari, manifesta tutta la sua meraviglia nell’apprendere, visitando il sito dell’ANPI, documentate notizie circa l’esistenza del Fronte della Gioventù nel periodo della Resistenza. Scolaro negli anni ’70-’80, Carrozzini infatti si era imbattuto nell’impostura di un “Fronte della gioventù” inventato,fraudolentemente, da Giorgio Almirante,fascista di alto bordo della Repubblica di Salò, capo del Movimento Sociale Italiano (MSI), copiando letteralmente il nome della nostra Organizzazione (partigiana)dando origine a un perfetto ossimoro storico, il cui senso politico e morale non venne mai spiegato, né si riuscì a comprendere in alcun modo. Se non come beffa o provocazione miseranda. Dal suo punto di vista il lettore si chiede con rinnovata meraviglia, comprensibile tuttavia, «come chi doveva mantenere uno stretto controllo sul patrimonio storico dei valori della Resistenza abbia permesso alla organizzazione giovanile missina di appellarsi con questo nome». In realtà ci fu chi vigilò e si oppose, anche tenacemente, ma senza successo, a causa della legislazione italiana a quel tempo vigente. Cercherò di spiegare, basandomi su ricordi precisi che mi videro promotore di alcune azioni mirate, proprio a metà del decennio indicato, quale aderente all’ANPI ma soprattutto come giovanissimo partigiano nel Veneto e organizzatore del vero Fronte della Gioventù (Fdg)nella Resistenza tra Mestre e Treviso. Fino al ’62 fui vice segretario dell’ANPI provinciale di Venezia. Trasferitomi a Roma, conobbi da vicino Gillo Pontecorvo (che diverrà il valente regista cinematografico ben noto). Gillo, nella Milano di inizio ’44, promosse con Eugenio Curiel il vero Fronte della Gioventù unitario, al quale si associarono esponenti dei gruppi giovanili comunisti, cattolici, socialisti, repubblicani,liberali, ragazze, operai e contadini, studenti. L’incontro fondativo si svolse segretamente nelle stanze riservate della Chiesa di San Carlo al Corso. Descrizione e documentazione si trovano nei miei due libri Eugenio Curiel al confino e nella lotta di Liberazione, Teti editore (Milano), prefazione di Arrigo Boldrini e Storia del Fronte della gioventù nella Resistenza nelle due Edizioni di Editori Riuniti (Roma) e nella terza di Ugo Mursia (Milano), prefazione di Gillo Pontecorvo. Questo l’antefatto. E veniamo al fatto. Indignato come numerosi appartenenti al vero Fdg, pensai di rivolgermi ad un valente giurista per vedere se c’era modo di vanificare il sopruso neofascista, palesemente offensivo anche nei confronti delle migliaia di giovani partigiani aderenti al vero Fdg, caduti combattendo, o fucilati proprio dietro ordinanza emessa da Mussolini, resa nota su manifesti murali con la firma di Almirante.Chiesi udienza a Umberto Terracini, Presidente del gruppo parlamentare comunista al Senato.Egli aveva presieduto l’assemblea Costituente che aveva elaborato la Carta Costituzionale. Il Documento recava anche la sua firma. D’intesa con i familiari di Eugenio Curiel e in accordo con Gillo Pontecorvo andai da Terracini ed ebbi squisita accoglienza. Esaminata la questione promise di studiarla attentamente,eventualmente interessando anche altri giuristi. Dopo un mese circa fissò un nuovo incontro.Mi accolse subito ma con aperta desolazione: non si poteva fare nulla, sul piano legale, mancando una legge o normativa in materia o almeno affine, né sussistevano pronunce pregresse atte in qualche modo ad essere richiamate a sembianza giurisprudenziale.
Verificammo anche quanto vagamente sapevo e che Terracini chiarì scrupolosamente: il Fdg era stato sciolto nel 1948 senza avere alcuna registrazione legale (su questo aspetto politico ci sarebbe non poco da dire) mentre i vari giornaletti clandestini del Fronte, il cui emblema (oggi si direbbe logo) era stato disegnato dal noto pittore Ernesto Treccani, non ebbero ovviamente registrazione normativa e alla Liberazione cessarono di uscire. Assieme a Gillo incontrai una terza volta Terracini ad un convegno dell’Associazione Giuristi democratici; c’erano anche Lelio Basso e Lucio Luzzatto, ottimi avvocati e dirigenti socialisti. Forse, col senno di poi, bisogna dire che la politica di sinistra e le stesse organizzazioni della Resistenza lasciarono in ombra il problema. Che era sì, scandaloso, ma soprattutto politico, nell’ormai maturata stagione dei primi revisionismi. Vi era inoltre una totale assenza di insegnamento nelle scuole (e nella società più in generale) di cosa fu il fascismo, delle sue responsabilità, di cosa rappresentò la Resistenza per il riscatto e la libertà del nostro Paese. Sicché diventa inevitabile rammentare che un seguace del falso Fronte, eletto nuovo Sindaco di Roma, abbia manifestato ’intenzione di dedicare a quell’Almirante una strada della capitale. Forse ignora il fatto che il promotore del vero Fronte, Eugenio Curiel, venne ucciso a Milano il 24 febbraio del ’45 dai militi fascisti?


da Patria Indipendente 31 gennaio 2009


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INEDITI
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Ho trovato fra le carte questo racconto inedito di Primo De Lazzari scritto intorno al 1958-60. Mi ha colpito l’attualità dell’atmosfera descritta sul luogo di lavoro. Mi sono detta : fra il 60 ed oggi c’è stato Lo Statuto dei lavoratori una conquista costata anni di lotte. Che ne è di questi diritti dei lavoratori oggi?Siamo tornati allo zero? Gli stessi timori,gli stessi ricatti psicologici o concreti, la stessa paura di perdere il posto.Ma almeno allora c’era il coraggio e un esempio era capace di scuotere gli animi e di risvegliare la solidarietà.... (Serena D'Arbela)


LO SCIOPERO (racconto inedito)

Un uomo dal portamento deciso,vestito sobriamente ma in modo accurato attraversò lentamente il grande stanzone della vetreria pieno di fuoco,solcato come da un caleidoscopio di colori ora cupi ora accecanti. Scansandosi e zigzagando tra quell'umanità accaldata e attaccaticcia di sudore osservò una bocca di forno ,enorme braciere fumigante d'un colore quasi latteo squarciato da piccoli,intensi bagliori giallastri subito soffocati. Colori ben noti ,era il vetro che ribolliva in quella terribile ma anche così familiare e quasi quieta bocca del diavolo. Ai numerosi stranieri in visita doveva proprio apparire così; ma a lui ,ormai quei rutilanti bagliori facevano solo I ‘effetto di un amico di sempre. Quei mezzi fantasmi,poi,che s'adiravano accaldati estraendo di continuo polle Incandescenti Ii conosceva bene. Erano i suoi operai ,tutta brava gente,ottimi lavoratori salvo qualche ''esaltato”(diceva lui ) che -,ahimé - aveva parecchia presa fra gli uomini in moto da un forno all'altro come obbedendo ad un invisibile meccanismo di precisione. Infine raggiunto che ebbe il suo obbiettivo e con aria falsamente distaccata,si pose davanti alla bocca affidata a Pietro mentre lanciava una rapida occhiata al cipollone appeso in alto sul muro.
Erano le quattro meno cinque. Pietro intento al tubo di vetro caldo e pastoso, nemmeno s'accorse di quella presenza. Eppure c'era qualcosa di insolito nell’abbassarsi del chiacchierio mezzo gutturale degli uomini. Pietro lo notò. Non ci avrebbe fatto caso se per antica abitudine non avesse sbirciato il cipoIlone : cinque minuti alla fine. Questo che vuole? pensò fra sé e sé e si ripeteva la domanda,un po’ confuso .Non sapeva bene se da quella presenza non preventivata oppure dall'improvvisa scoperta che ormai era l'ora della fermata ; appunto fra cinque minuti.
Accidenti. Vuoi vedere che si piazza proprio qui? Ma dico,con tante bocche e dopo settimane che non si faceva vivo ! Ormai II cervello di Pietro lavorava febbrilmente e il latteo tubo vetroso era seguito solo dalle pinze fatte esperte,quasi autonome dalla volontà, guidate dalla comprovata destrezza e seguite da qualche occhiata distratta. Già,non mancavano che tre minuti. Non c'era pericolo che le lancette del cipollone si fermassero per dar tempo a lui,Pietro, di affrontare la situazione del tutto nuova e,del resto,da nessuno prevista. Era chiaro che quello si piazzava proprio lì per "vedere'* come sarebbe andata col taglio del tubo e lo spegnimento della fornace. Da due giorni glielo avevano minacciato quello sciopero! E cosi drastico da Interrompere di netto ogni produzione. Tanto non c’ era altro da fare. L’uomo che stava lì davanti, impalato, aveva detto al Sindacato che avrebbe esaminato la vertenza solo domani . Domani. Lo chiamavano appunto così “el sior domani “ perché ad ogni richiesta dei lavoratori non aveva altro da dire che domani avrebbe visto,domani avrebbe esaminato. Domani avrebbe disposto,domani ecc. Domani ! Cioè mai. Intanto però era lì davanti a Pietro che proprio alle cinque in punto doveva dare una buona cesoiata alla canna,chiudere il gas di alimentazione al fuoco e buonanotte. Già buonanotte proprio come si era detto iI giorno prima all’ assemblea. Intanto nessuno aveva pensato che quello dal vestito sobrio ma curato ,avrebbe lasciato le carte che abitualmente maneggiava al piano di sopra e sarebbe venuto a piantarsi proprio davanti a lui, .Pietro. Non parlava, non faceva niente;solo sbirciando di tanto in tanto attorno a sé, a gambe larghe, osservava come incantato la canna di vetro e la bocca del fuoco. Quanto a pensieri vorticosi il cervello di Pietro era peggio del calderone di vetro . Se rimane qui è un bell’affare per me. Un conto è il sì pronunciato ieri sera alla riunione e un conto è questo tipo che mi si è messo proprio qui davanti , con l’aria di non volersi muovere. Il tempo passa. Almeno gli altri facessero qualcosa ! Pietro si poneva e riponeva queste domande senza stancarsi. Intanto una certa tensione si era diffusa, fra tutti quegli uomini accaldati dei forni. Tutti puntavano gli occhi sul Pietro. Potrebbero fare qualcosa! Almeno dare una gomitata alla finestra. Un buon botto sul vetro a mo’ di diversivo proprio ci vorrebbe. Così Pietro seguiva II filo galoppante dei suoi soliloqui e sempre di più lo rodeva il tarlo dell'incertezza . Ce n’era ben donde .Chi gli stava davanti, esattamente non più di un mese prima ,gli aveva concesso un certo prestito per la grave malattia di suo figlio più piccolo e aveva fatto anche due mezze promesse per l'assunzione dell'altro, prossimo a tornare dal servizio militare. Accidenti! proprio a me doveva capitare questa maledetta canna ! Il diavolo se la porti. Di fronte al suoi occhi,chini sulla canna biancastra, le punte delle scarpe lucide del padrone si muovevano ritmicamente da destra a sinistra ln piccoli quarti di cerchio. Unico segno di visibile inquietudine in chi le portava,dritto e immobile. Ormai la lancetta grande era sul dodici e anche se non si girava , Pietro avvertiva le decine di sguardi che gli si puntavano addosso. Qui si è dura,pensava. Tagliare adesso sembra nulla, tagliare e buonanotte. Lo si è detto ieri sera. Ma io non ero fra I primi a votare e ora mi tocca questo bello scherzo. Il cipollone era già sulle quattro e oltre ma non era successo niente, nessuno s'era mosso. nel frattempo le scarpe davanti a Pietro, continuavano il loro balletto. La canna usciva lenta e dritta e Pietro cominciava ad avere il cervello incandescente più del forno. Dietro, il garzone addetto ai servizi minori doveva aver dato un mezzo giro alla valvola del gas. Infatti il fuoco ruggiva un pò meno. Pietro pinzettava meccanicamente la canna e la seguiva. Il cipollone si era portato sulle quattro e tre e ormai la tensione collettiva andava smorzandosi, piano piano nel nulla. Le scarpe rallentavano il movimento ma erano sempre come incollate al pavimento. Non fu particolarmente difficile o drammatico. Quasi senza averne coscienza Pietro sbirciò alla sua sinistra il vecchio orologio anch’esso nero di polvere , come se come loro quel suo legno fuligginoso avesse sudato. Con un leggero rumore di frantumi il tubo reciso così di colpo come tanti altri,si schiantò al suolo mentre le cesoie di Pietro dopo un volo di mezzo metro finirono sul piano sbocconcellato di uno sgabellino.Niente! L’uomo non s’era mosso e Pietro fu costretto a passargli di lato. Aveva vinto la sua indecisione. Quel passargli a lato era una rivincita. Nessuno parlò. Le lancette del cipollone continuavano la corsa. Fuori dal cancello il sole s’immergeva di tuffo nella laguna schizzando su Murano sprazzi di intenso colore rossastro. Una manata raggiunse Pietro sulla spalla e una voce conosciuta, dal timbro marcato lo raggiunse da dietro: - Pietro,stasera tocca a me. Cosa prendi,
il solito quarto rosso? (Primo De Lazzari)


SPIEGARE LA RESISTENZA NELLE SCUOLE


Spiegare la resistenza nelle scuole (dal volume di Tonino Tosto “4 giugno 1944 Roma Libera” edizioni università popolare terza età Roma 2004 )

Quando si parla di storia e di memoria è utile considerare una regola assoluta: ci sono i fatti e ci sono le opinioni. I fatti accaduti sono avvenuti e quindi sono,per loro stessa natura, inconfutabili e non soggetti a dubbi. Bisogna prenderne atto, piaccia o non piaccia. Le opinioni,le idee i convincimenti costituiscono oggetto di confronto,di discussione e dialogo. Si può essere o non essere di sinistra o di destra,apolitici o agnostici ma i fatti ,in quanto avvenuti ,debbono essere accettati come tali. Le idee e le opinioni si confrontano,si cambiano oppure si mantengono. Nello Zibaldone il poeta Giacomo Leopardi ci rammenta testualmente che “ senza memoria l’uomo non sarebbe nulla e non saprebbe far nulla”. Può apparire una frase astratta ma si tratta di un concetto importante giacchè connota nel bene e nel male ogni essere umano,ciò che siamo come singoli e come società civile,.Abbiamo delle radici,un passato individuale e collettivo. Ciò che siamo non cade dal cielo,è conseguenza di quanto è stato- come direbbe Primo Levi sopravvissuto al lager e alla Shoah- e di quanto ricordiamo e trasmettiamo alle generazioni successive.
Il nostro ordinamento democratico nasce da fatti storici e accadimenti precisi ,documentati. Tra questi la tragedia della guerra 1940-45 , le immani sofferenze e distruzioni subite dal popolo italiano. Tutto ciò costituisce una memoria collettiva e individuale che non può essere dimenticata . Deve soprattutto essere conosciuta dai più giovani anche attraverso le testimonianze di chi ha vissuto quei periodi.
Questo abbiamo cercato di fare nelle Scuole come partecipi del Movimento di liberazione Nazionale raccontando la Resistenza dal settembre 1943 all’aprile 45 . La mia esperienza in proposito è stata molto coinvolgente anche dal punto di vista emotivo. I fatti non sono solo storia ,ma vita.
Dapprima mi sembrava difficile trasmettere il vissuto di un giovane di quei tempi ai ragazzi di oggi. Man mano che parlavo, invece, emergeva che il vivo di quella esperienza non era poi così lontano. Le domande che mi ponevano i giovani sulle scelte di allora avevano elementi di attualità. Le ragioni dello scendere in campo. Il coraggio e la paura. La vita degli altri,anche dei nemici. Riflettevano il grande bisogno di ideali e una disponibilità a conoscere ed impegnarsi , tipica della giovinezza. Confermavano la curiosità e l’interesse intorno ad un argomento storico a lungo sottratto allo studio scolastico e al dibattito. E’ stato quindi un percorso stimolante, uno scambio fruttuoso e reciproco di idee fra generazioni .













DALL’INTERVENTO AL CONVEGNO “MEMORIA STORIA,RESISTENZA”
ALL' ISTITUTO TECNICO PAOLO TOSCANELLI. OSTIA, maggio 2004


Storia,revisionismo,resistenza, è argomento che avrebbe bisogno di maggiore spazio per essere affrontato. Revisionismo non è di per sé una parola scandalosa. Revisionare si può ,talvolta si deve. Per uno storico e per chi insegna, si potrebbe dire , un tantino esagerando, che ogni giorno c’è qualcosa da mettere a punto. Quelli che non sono revisionabili sono i fatti accaduti. Cito un solo esempio. Alcuni anni fa in Germania sono stati aperti gli archivi dell’esercito tedesco della Wehrmacht. l’importante avvenimento ha trovato inadeguata eco sui grandi fogli di informazione ma ha suscitato grande interesse fra coloro che a vario titolo si occupano di storia. Quando si apre un archivio così importante,è scontato che emergano documenti significativi, spesso ignorati. Si tratta di un archivio fondamentale del quale si conosceva pochissimo. Vi erano documenti dell’esercito regolare germanico non tanto delle SS né dei reparti speciali nazisti che hanno imperversato e insanguinato tre quarti dell’Europa. La disponibilità di quelle fonti ha rivelato ciò che a volte intuivano gli addetti ai lavori anche in mancanza di documenti precisi. Si pensava frequentemente che l’esercito tedesco fosse superdisciplinato,granitico, impermeabile alle contraddizioni esistenti in altri eserciti. L’archivio ha provato u’altra verità : quell’esercito non era formato da automi ma da uomini normali come dappertutto. L’immagine delle forze armate tedesche ferree e compatte deve essere modificata. Ho fatto il partigiano a Treviso e dopo il rastrellamento nazifascista (settembre 44) siamo stati obbligati a sconfinare in parte nel Friuli. In quella occasione abbiamo constatato che insieme ai partigiani locali c’erano circa 600 fra austriaci e tedeschi che avevano abbandonato le loro file . Si trattava del battaglione denominato Germania libera ,una parte- li abbiamo visti alcune volte - erano giovani .L’apertura al pubblico dell’archivio della Wehrmacht a Friburgo ha rivelato dati sorprendenti. E’ documentato che oltre 60.000 processi ,cifra significativa, si sono svolti di fronte alla Corte marziale per atti di autolesionismo onde non essere schierati in prima linea. Soldati che si sparavano su un piede o ad un braccio, ufficiali e sottufficiali inclusi per essere spostati in seconda linea o negli ospedali. I processi si sono conclusi con circa 41. 000 condanne a morte eseguite immediatamente. Facendo del revisionismo un uso politico è chiaro che esso è strumentale,di parte e inattendibile; se si tratta invece di ricerche supportate da nuove fonti, da carte e documenti probanti in precedenza non noti ,è chiaro che può essere utile e positivo.
(…) Ad esempio,dopo il settembre del 1943,per ordine di Hitler viene costituito in Friuli il “Litorale Adriatico”.Le province di Gorizia,Udine ,Trieste,Fiume, Pola, Zara, vengono d’imperio accorpate in questa strana zona inventata di sana pianta e poste alle dirette dipendenze civili e militari di un governatore ( gauleiter) che risponde solamente a Berlino. Di fatto è una annessione pura e semplice alla Germania. Identica misura viene presa per l’Alpen Vorland che comprende Bolzano,Trento e mezza provincia di Belluno.Anche qui viene nominato un governatore tedesco e il territorio è sottratto alla sovranità italiana. Un ultimo fatto. Nell’agosto del 44 Hitler crea un’assurda nuova regione,il “Kosakenland in Nord Italien”. Pochi sanno che oltre 40.000 persone delle quali 20.000 combattenti arrivano in Carnia e vi si installano. Chi sono questi nuovi arrivati dalle steppe orientali? Si tratta di collaborazionisti,simpatizzanti nazisti,ex prigionieri di guerra, cosacchi del Don, del Terek, ceceni,mussulmani, daghestani, kirghisi, kabardini, georgiani,osseti. Arrivano con migliaia di cavalli e una strana regina. I 20.000 militari sono al comando di ex ufficiali zaristi agli ordini dei generali tedeschi. Ne derivano terribili conseguenze per le popolazioni del Paesi occupati. Le atrocità commesse da questi reparti innescano nuovi drammi umani e politici nelle tormentate terre di confine.
A tanti anni di distanza i motivi di quel contendere non ci sono più. E’ umano avere rispetto per chi ha perso la vita pensando di essere la parte giusta,mentre era da quella sbagliata, perché schierati a fianco degli invasori tedeschi. Senza però dimenticare ciò che fece da vivo.




TESTIMONIANZE

25 APRILE 1945
(DA RIPASSO DI STORIA - VENERDI DI REPUBBLICA 15.04.2005)

QUEL GIORNO MORI’ IL MIO MIGLIORE AMICO

Primo De Lazzari vice presidente dell’Anpi di Roma , il 25 aprile 1945 aveva diciotto anni e si trovava nella zona di Venezia.Da oltre un anno combatteva nella brigata “Erminio Ferretto”.
“ Venezia venne liberata il 28. Verso le sette del mattino un gruppo di partigiani entrò nella sede dell’Eiar ,a palazzo Vendramin .Un dirigente della radio annunciò “Attenzione, attenzione. Qui radio Venezia libera, da questo momento sotto controllo delle forze partigiane. Viva la libertà”. Due ore dopo, la bandiera con la croce uncinata veniva calata da piazza san Marco e sostituita con la bandiera italiana. I tedeschi rimasti, dopo una trattativa si ritirarono lasciandoci la città. Il 24 e il 25 combattemmo a Treviso. Ero un ragazzo, ma avevo imparato ad usare le armi.(..)Furono giorni di gioia ma anche di grande dolore. La nostra brigata perse proprio il 25 aprile sette ragazzi. Uccisi dai fascisti. Uno era il mio amico del cuore. Non aveva neppure sedici anni Adolfo Ortolan detto Dolfino.Lo ferirono e poi lo uccisero,credo soffrì moltissimo.
Veniva a scuola con me all’Istituto Berna di Mestre.




ARCHIVIO FOTOGRAFICO





Primo De Lazzari e Dolfino Ortolan

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Primo De Lazzari (1948)

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Officina Riccardi-Favaro Olme Mogliano veneto 1945


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Posto di blocco partigiano a Treviso 1945

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Un reparto della Divisione Nannetti


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Eugenio Curiel




RIFLESSIONI


UN NUOVO CONCETTO DI PATRIA

Con l’8 settembre 1943— uno dei momenti più tragici della storia italiana— era davvero morto il concetto di Patria,come si è sentito più volte affermare in qualche definizione di storici improvvisati e supponenti? SÌ, una patria era morta, la patria fascista,certamente; non la patria italiana. La patria fascista era sparita,cancellata dalla guerra che il regime mussoliniano aveva voluto come “patria” che tre anni prima si era fatta violenta,guerrafondaia aggredendo le patrie di altri popoli vicini. Che nulla ci avevano fatto di male: Francia, , Grecia,Jugoslavia, Unione Sovietica ( oggi più conosciuta dai giovani come Russia). Questi sono fatti,realtà che nessuno può negare o contestare.
Ma un nuovo concetto di patria troviamo nelle parole del grande latinista e storico dell’antichità Concetto Marchesi, comunista e Rettore dell’Università degli studi di Padova. Marchesi, diceva nella prolusione all’inaugurazione solenne dell’Anno Accademico:
“Il lavoro c’è sempre stato nel mondo,anzi la fatica imposta come una fatale dannazione. Ma oggi il lavoro ha sollevato la schiena,ha liberato i suoi polsi,ha potuto alzare la testa e guardare attorno guardare in lo schiavo di una volta ha potuto anche gettare via le catene che avvincevano per secoli l’anima e l’intelligenza sua. Non solo una moltitudine di uomini,ma una moltitudine di coscienze è entrata nella storia a chiedere luce e vita e a dare luce e vita ...Sotto il martellare di questo immane conflitto cadono per sempre privilegi secolari e insaziabili fortune; cadono signorie,reami,assemblee che assumevano il titolo della perennità. Perenne e irrevocabile è solo la forza e la potestà del popolo che lavora e della comunità che costituisce la gente invece della casta”
Dunque, 8 settembre ‘43. Si leggano le parole del giuramento che alcune settimane dopo pronunciavano all’atto del1’arruolamento i militi delle SS italiane. Attenzione, ripetiamo :SS italiane. Non germaniche,quelle generalmente note. Al loro fianco, c’erano,anche quelle italiane: 20.000 connazionali, per lo più volontari,schierati con l’esercito tedesco che aveva invaso il nostro Paese. Italiani che non giuravano lealtà e fedeltà all’ Italia(sia pure all’Italietta del risorto fascismo della Repubblica di Salò) ma alla Germania nazista e direttamente al suo capo Adolf Hitler. Come? Con queste parole: “Davanti a Dio presto questo sacro giuramento che nella lotta per la mia Patria italiana contro i suoi nemici, sarò in maniera assoluta obbediente ad Adolf Hitler,supremo comandante dell’Esercito Tedesco,e quale soldato valoroso sarò pronto in ogni momento a dare la mia vita per questo giuramento” .
Parole che sottendono intenzioni chiare,terribili ;parole ed impegni di tradimento della propria Patria. Infatti, una legge emanata dal legittimo governo del Re, le riconoscerà come tali configurando il reato di “collaborazionismo col tedesco invasore”.
E noi, ribelli e sbandati , non volendo fare giuramenti di quel tipo,volendo solo giurare per l’Italia, prima ancora di diventare partigiani organizzati, quale concetto di patria avevamo nelle nostre coscienze? Non più la “patria ufficiale”,la patria che le lotte risorgimentali ci avevano tramandato e che il fascismo aveva stravolto,invadendo le patrie degli altri,trasformando i nostri soldati in aggressori e violenti conquistatori di terre straniere. Ci siamo scoperti,quasi improvvisamente, patria noi stessi,come popolo ingannato da un regime dittatoriale desideroso di riscattarsi,alla scoperta di una nuova dignità nazionale,raccogliendo l’appello per un nuovo esercito,quello partigiano, in cui non ci si arruolava per obbligo ma per scelta volontaria. All’indomani della data infausta dell’8 settembre, molti giovani scoprirono la dignità di una scelta che portava a non arrendersi al tedesco occupante e a combatterlo per l’integrità e la libertà della nostra terra. Non si trattava più di andare fuori dai nostri confini per delle guerre ingiuste si trattava di liberare noi stessi,e tutti, dal servaggio tedesco e dalla sottomissione al fascismo nostrano. Per un rinnovato senso di Patria,autentico,che comportasse anziché leggi razziali e campi di sterminio concetti di democrazia,di libertà,di giustizia sociale per le classi più povere e sfruttate. Dunque,un nuovo e accettato—non imposto— concetto di patria arricchito dal riconoscimento dell’ appartenenza alla patria di ceti dimenticati e umiliati,degli operai, dei contadini,delle donne sempre escluse e ai margini della società. Un concetto forte,concreto di giustizia,non astratta, reale.
Gli uomini di cultura e gli studenti si riconobbero nell’Appello dello stesso Marchesi che, qualche mese dopo, abbandonava l’Ateneo perchè “non era più tempo di libri e di studio,ma di lotta”. .Rivolto ai giovani egli affermava
“Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra Patria; vi ha gettato tra cumuli di rovine. Voi dovete tra quelle rovine portare la luce di una fede,l’ impeto dell’azione e ricomporre la giovinezza e la Patria. Traditi dalla frode,dalla violenza,dall’ignavia,dalla servilità criminosa,voi, insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell’Italia e costituire il popolo italiano”.
Era l’indicazione di nuove strade da percorrere;la strada del Movimento partigiano,che riempiva il concetto di Patria di nuovi valori liberamente accettati,accanto all’indipendenza nazionale,al riconoscimento del lavoro,allo Stato democratico fondato su nuove leggi,su nuovi diritti. Questi valori entreranno pienamente nella Carta Costituzionale, elaborata sessant’anni or sono,figlia di quel processo storico e quindi radicata nello spirito e nei valori della Resistenza e della lotta di Liberazione nazionale.

16 maggio 2006