SPIEGARE LA RESISTENZA


.."No, non dite di essere scoraggiati, di non volere più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere." (Giacomo Ulivi - partigiano da Ultime lettere di condannati a morte e di deportati della Resistenza)


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giovedì 8 dicembre 2011

Riflessioni attorno a un libro di Primo De Lazzari
Ragazzi della Resistenza.


Del Risorgimento. Di oggi.

di Gianfranco Pagliarulo

Il suo nome di battaglia era “il Bocia”. Non aveva ancora vent’anni quando ha fatto il partigiano. Primo De Lazzari. Avevo letto alcuni anni fa un suo interessante volume dal titolo “Le SS italiane”. Lo incontrato alcuni giorni fa. Mi ha consegnato un suo libro che mi era sfuggito: “Ragazzi della Resistenza”, Teti Editore, 2008. Poi è avvenuta una cosa strana: ho iniziato a leggere quelle pagine in autobus, mentre tornavo a casa, e subito ho provato una sorta di colpo allo stomaco quando ho letto i versi di Joyce Salvadori Lussu, partigiana e madre, perché, come scrive De Lazzari – è la prima frase del libro - “dove ci sono i giovanissimi, ci sono naturalmente le madri”.
“E aggiunsi legna nel focolare
come se tu dovessi tornare,
figlio. E misi il mantello e i guanti di lana
e presi la borsa per scendere nel paese;
e m’avviai fuori dall’uscio nella tramontana
fredda, col mio stupore senza fine.
Quando appoggiai il tuo capo pesante sul mio
braccio,
i tuoi capelli sapevano di sangue e terra.
Come queste foglie morte di faggio
molli ai germogli di primavera”.
Il libro di De Lazzari presenta la vita – e la morte – di tanti ragazzi che hanno combattuto contro i nazifascisti. “…nato a Napoli nel 1932. Napoli, 28/29 settembre 1943”, “…nato a Napoli nel 1930. Napoli, 28 settembre 1943”, “Giovane, sedicenne, pur essendo edotto del pericolo… Capua, 5 ottobre 1943”, “Non aveva ancora compiuto 16 anni, quando… Trovata in un fosso, nel comune di S. Pier d’Isonzo”, “Giovanetto quattordicenne… Castiolo d’Alba, 15 febbraio 1945”. E così via, una lunga scia di ragazzi e di adolescenti. Ammazzati.
Scrive De Lazzari: “Ho sentito (…) che il vivo di quell’esperienza non era lontano”, “Le ragioni di uno scendere in campo. Il coraggio e la paura. La vita degli altri: anche quella dei nemici”.
Ho pensato a quelle ragioni che hanno portato tanti ragazzi a combattere, consapevoli del rischio che correvano. E non ho potuto non ricordare quello che è avvenuto negli ultimi vent’anni quando, rispetto a quel passato, la coscienza è sembrata acquetata, la memoria rimossa, e tutto è stato equiparato come se sì, il fascismo ha compiuto degli errori, ma in fondo anche gli altri, e c’erano “i comunisti” cattivi , e così delirando.